Dammi tue notizie e un bacio a tutti

Valerio Grutt

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Mi chiedo cos’hai visto
quando non hai visto più niente
quando per qualche secondo
ti hanno spento la luce degli occhi.
Fissavi un punto impossibile del soffitto
e ti ho sentita andare via, camminare
sul muro, stringere la mano a un altro bene.
Poi sei tornata e non te n’eri accorta,
hai chiesto: sono a terra? e hai guardato me.
Sì, eri a terra, eri la mia terra
che tremava sotto ai piedi.
                                                        
E allora rispondi bene
a chi ti chiede come stai
e non vede l’inferno che ti scuote
non ti vede andare via di spalle.
Col tempo diventa tutto normale
tu dici che l’universo conosce
la strada più di te e che capita
a tanti e che c’è di peggio
c’è sempre di peggio.
Ma una parte di pianto resta
gonfia in mezzo al petto
una parte che si chiede perché
continuamente e non si rassegna
una parte che segna il sorriso
ferita negli occhi, una cosa 
che porterai su di te come un marchio
fino alla fine.
                                                        
Ti ho vista entrare in ospedale
Dea svenutaa
di tutte le sigarette fumate
e per mesi ho pensato
a quale sarebbe stata l’ultima parola
che ti avrei detto, quindi finivo
ogni frase con ti amo.
E oggi che il sole sembra
non farti più effetto
spero almeno ci sia
un sole più caldo di questo
che ti aspetta da qualche parte
nell’universo.
                                              
Ti ho telefonato
tutti i giorni per dieci anni
e ora che il tuo telefono squilla a vuoto
come potrò chiamarti?
Facendo scendere tutte le stelle
nel mio ufficio
aprendo la porta
del punto più chiaro del giorno
dove la tua voce è acqua
di ogni rubinetto, ogni fiume,
e dice: Valerio svegliati
come quando mi addormentavo
sul divano. Ora la tua voce
canta la canzone di Marinella
tra il vento degli alberi
e fa del mio cuore una marcia lenta.
                                                        
Rideremo di questi giorni
con le mani celesti
quando la testa ci esploderà
d’amore per il segreto delle cose.

I wonder what you saw
when you saw no more
when for a few seconds
they turned off the lights in your eyes.
You stared at an impossible spot in the ceiling
and I heard you leave, walk
on the wall, squeeze the hand of 
another love.
Then you returned and you hadn’t realized;
am I on earth? you asked. And you looked at me.
Yes, you were on earth. You were my earth,
trembling under my feet.
                                                     
And so you reply well
to those asking how are you
those who don’t see that hell is 
shaking you
do not see you leave behind their backs.
Over time it all becomes normal
you say the universe knows the
way better than you do and it happens
to many and there is worse
there is always worse.
But a piece of sorrow remains
swollen in the middle of the chest
a piece that continuously wonders 
why and does not subside 
a piece that marks the smile
wound in your eyes, something
you’ll take with you like a hallmark
till the end.

I saw you enter the hospital
fainted Goddess
of all the cigarettes you smoked
and for months I thought 
about the last word
I’d say to you, so I ended
every sentence with ti amo.
And today when the sun seems
to leave you indifferent
I hope that at least
a sun warmer than this
is waiting for you somewhere
in the universe. 

I telephoned you
every day for ten years
and now that your phone just rings out
how will I call you?
Making all the stars descend
into my office
opening the door
of the brightest point of day
where your voice is water
from every faucet, every river,
and it says: Valerio wake up
like when I fall asleep
on the couch. Now your voice
is singing the song of Marinella 
among the wind in the trees
and turns my heart into a slow march.

We will laugh of these days,
our hands azure,
when our heads will explode
out of love for the secret of things.