The Sand and the Angel

La sabbia e l’angelo

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Margherita Guidacci


I.
Non occorrevano i templi in rovina 
sul limitare dei deserti,
Con le colonne mozze e le gradinate 
che in nessun luogo conducono;
Né i relitti insabbiati, 
le ossa biancheggianti lungo il mare;
E nemmeno la violenza 
del fuoco contro i nostri campi e le case.
Bastava che l’ombra sorgesse 
dall’angolo più quieto della stanza,
O vegliasse dietro 
la nostra porta socchiusa —
La fine pioggia ai vetri, 
un pezzo di latta che gemesse nel vento:
Noi sapevamo già di appartenere alla morte.

II.
Se vuoi lasciare la tua impronta, 
o uomo, scalfisci piuttosto la sabbia,
Perché la più alta torre 
diverrà sabbia alla fine.
Scrivi il tuo nome sul lido deserto, 
e prega il mare che presto lo cuopra di lamento:
Perché tu stesso sei sabbia, 
sei la morte che dopo te rimane.

III.
Ogni volta che 
dicemmo addio;
Ogni volta che verso la fanciullezza ci volgemmo, 
alle nostre spalle caduta,
(Tremando l’anima 
al suo lungo lamento);
Ogni volta che dall’amato 
ci staccammo nel freddo chiarore dell’alba;
Ogni volta che vedemmo 
su morti occhi l’enigma richiudersi;
O anche quando semplicemente 
ascoltavamo il vento nelle strade deserte,
E guardavamo l’autunno 
trascorrere sulla collina,
Stava l’Angelo al nostro 
fianco e ci consumava.

IV.
Ora il nostro amore 
si spanderà nella vigna e nel grano,
Il nostro veleno 
nei cactus e negli spini crudeli.
Si curveranno i vivi 
alle sorgenti, diranno:
«Chi spinse verso noi l’acqua 
da occulte vene del mondo?»
E molto prima che il freddo 
li colga e la notte sul loro cuore s’adagi,
Anche in un meriggio d’api e 
di succhi ardenti,
Conosceranno l’angoscia 
perché potenti noi siamo e vicini,
E non vi è fuga dal cerchio 
in cui già li stringiamo,
Con ogni stelo da noi sorto, 
ed ogni frutto che colmo e grave alla nostra terra s’inchina.

V.
Furono ultime a staccarsi le voci. 
Non le voci tremende
Della guerra e degli uragani,
E nemmeno voci umane ed amate,
Ma mormorii d’erbe e d’acque, 
risa di vento, frusciare
Di fronde tra cui scoiattoli 
invisibili giocavano,
Ronzio felice d’insetti 
attraverso molte estati 
Fino a quell’insetto che 
più insistente ronzava
Nella stanza dove noi non 
volevamo morire.
E tutto si confuse in una nota, 
in un fermo
E sommesso tumulto, 
come quello del sangue
Quando era vivo il nostro sangue. 
Ma sapevamo ormai
Che a tutto ciò era impossibile rispondere.
E quando l’Angelo ci chiese: 
«Volete ancora ricordare?»
Noi stessi l’implorammo: 
«Lascia che venga il silenzio!»

VI.
Non il ramo spezzato, 
non l’erba scomposta lungo i sentieri
Ci dicevano il suo passaggio, 
ma il tocco di solitudine
Che ogni cosa in sé custodiva 
ed a noi rendeva, liberando
Dopo il messaggio 
consueto l’altra, l’ignota parola.
Come trasalivamo ascoltandola, 
come s’orientava sicuro
Il nostro cuore 
sull’invisibile traccia!
Così noi sempre ti seguimmo, 
Dominatore ed Amato,
Né ci sorprende la bianca luce 
in cui svelato al nostro fianco cammini,
(Ora che l’ombra carnale 
è tramontata sul meridiano della morte),
Poiché da lungo tempo 
te solo conoscevamo, a te solo 
Obbedivamo, tua destinata preda,
Trascinando sulle vie della 
terra la tua celeste catena straniera.

The Sand and the Angel

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Quinn Gruber


I.
We did not need the temples 
in ruin at the edge of deserts,
With broken columns and 
stairs that led nowhere;
Nor the sand-buried shipwrecks, 
the bleached bones along the sea;
Not even the violence of fire against 
our fields and homes. 
It was enough that the shadow rose 
from the quietest corner of the room,
Or kept vigil behind our half-closed door —
The thin rain on the windows, 
a sheet of tin that groaned in the wind:
We already knew we belonged to death.

II.
If you want to leave your trace, 
man, score the sand instead,
Because the highest earth 
will become sand in the end.
You write your name on the deserted waterfront,
and pray the sea soon covers it in tears:
Because you yourself are sand, 
you are the death that remains after you.

III.
Every time we said goodbye;
Every time we turned toward childhood, 
loss at our backs,
(The soul trembling in its long lament);
Every time that we separated from a lover 
in the cold twilight of the sunrise;
Every time that we saw 
the enigma close again in dead eyes;
Or even when we simply listened 
to wind in the deserted streets,
And watched autumn pass on the hill,
The Angel was at our side and 
it consumed us.

IV.
Now our love will scatter upon 
the vineyard and the field,
Our venom in the cacti and 
the cruel thorns.
The living will croach by the springs, 
they will say:
“Who pushes toward us the water 
from hidden veins of the world?” 
And long before the cold gathers them and the night 
lays down upon their heart,
Even in a midday of bees and sweet nectars,
They will know anguish 
because we are powerful and near,
And there is no escape from the circle in 
which we already hold them,
With every stalk raised from us, 
and every full and heavy fruit 
that bows toward our earth.

V.
They were the last voices to fall quiet. 
Not the unbearable voices
Of wars and hurricanes, 
Nor the human and loved voices,
But murmurs of grasses and waters, 
laughter of the wind, rustle
Of ferns between which invisible 
squirrels played,
Hum of insects across many summers
Down to that insect 
which incessantly buzzed
In the room where 
we did not want to die.
And everything collided in a note, 
in a rest
And whispered tumult, 
like that of blood,
When our blood was living. 
But we already knew
That it was impossible to respond 
to everything.
And when the Angel asked us: 
“Do you want to remember again?”
We ourselves implored him: 
“Leave, that silence comes!”

VI.
Neither the broken branch, 
nor the trampled grass alongside the paths
Told us of its passage, 
but the touch of solitude
That each thing keeps in itself and 
returns to us, freeing
After the usual message, 
the other, unknown word. 
How we startled listening to it, 
how securely it set
Our heart on the invisible track!
So we always followed you, 
Ruler and Lover,
Nor did the the white light in 
which you walked unveiled at our side surprise us,
(Now that the carnal shadow 
has set on the horizon of death),
Since for many years you alone 
we knew, you alone
We obeyed, your destined prey, 
Dragging on the streets of the earth 
your strange celestial chain.